Lo Yoga

Lo Yoga è una scienza soggettiva. In quanto tale studia l’interiorità umana. Il suo scopo primario è quello di far emergere in ciascuno la consapevolezza della propria natura essenziale.

Ma, che cos’è questa natura essenziale? Che differenza farebbe, teoricamente, s’intende, se la chiamassimo anima o corpo astrale, così come le opinioni o le dottrine più diffuse pretenderebbero?

E se la sua caratteristica fondamentale fosse o meno l’impersonalità, cambierebbe davvero qualcosa? Quelli che variano, invece, sono i metodi, più o meno artificiosi, più o meno spontanei, con cui si tenta di conseguire questa consapevolezza.

Definizione di Yoga

In genere lo Yoga, dal sanscrito yuj, si definisce “unione o unificazione dell’anima individuale con il principio divino”. Così come numerosi Yogi, nel corso dei secoli, hanno da sempre testimoniato, esisterebbe una coincidenza tra l’essenza della natura individuale e tale principio. Semplificando, Yoga è prendere coscienza della propria essenza che, di per se, è già un riflesso divino.

Caratteristiche dello Yoga

Lo Yoga non crede nella separazione tra spirito e materia. Ciascuna tappa del mondo fenomenico è uno stato di coscienza che si palesa grazie alle vibrazioni della forza vitale unica o Prana, più genericamente per una serie di oscillazioni eteriche. Quanto maggiori sono le vibrazioni, tanto più la coscienza si manifesta come entità fisica.

Yoga, unione del proprio piccolo, minuscolo e limitato sé con l’incommensurabile, sempiterno, Sé universale? Non è esatto! L’atman (anima, piccolo sé, ego), responsabile del mellifluo senso d’insoddisfazione, separazione e incompletezza, percepito da numerose creature particolarmente sensibili, è soltanto un ingegnoso artificio della mente per perpetrare se stessa, un fugace riflesso del Sè assoluto. I tentativi di conoscere l’atman ne rivelano il suo lato chimerico e fittizio. Infatti taluni propendono per la sua impermanenza e vacuità. Tal’altri, approfondendo, ne deducono la salda convinzione che a ben vedere noi siamo già il Sé universale, il Brahman, la singolarità iniziale.

Quale sarebbe, dunque, il legame tra il proprio piccolo sé o anima e il Sé omnicomprensivo? Tutto dipende dalle proprie identificazioni, da ciò che crediamo o supponiamo di essere.
Yoga è, quindi, riconoscere la natura egocentrica della propria mente e la sua tendenza a creare fenomeni fittizi senza riscontri oggettivi; non aggrapparsi a persone o cose in maniera morbosa; ravvisare e respingere i sentimenti immaginari o ingannevoli; ricercare l’equilibrio in tutte le proprie attività, sia quelle di natura fisica, come il lavoro, lo sport e l’alimentazione, che di ordine psichico, come la cura dei rapporti affettivi, lo studio, le disposizioni creative.

Obiettivi dello Yoga

Cosa implica, in pratica, la Via dello Yoga? Pur mantenendo la specificità del nostro essere individuale, le identificazioni con le peculiarità del proprio piccolo e ipotetico sé fittizio si attenueranno sempre di più e la coscienza personale, espandendosi in una sfera d’influenza molto più estesa, percepirà un senso di unità e interdipendenza con il tutto, lo spirito assoluto, il Brahman. Le intuizioni diverranno più profonde, vere e proprie certezze.

Naturalmente, gli “Aforismi Yoga”, riportati nella seguente pagina…» sono solo indicativi. Tuttavia già da essi si evince come il criterio della meditazione, secondo lo Yoga tradizionale, presupponga una metodologia introduttiva ed un nucleo essenziale ed inalienabile. Quest’ultimo consiste in un’appropriata tranquillizzazione dei processi mentale e respiratorio al fine di percepire la propria coscienza, la sua incoercibile vitalità naturale, la sua irriducibile natura divina.

E’ su tali basi, di ricerca senza pregiudizi della Verità, che intendiamo ri-scoprire la specifica dimensione meditativa dello Yoga, per valutarne liberamente ed autonomamente la reale importanza.

Pratica Yoga

L’applicazione dei principi dello Yoga comporta, per i neofiti, almeno inizialmente, l’adozione di una disciplina psicofisica piuttosto severa (sadhana), che si sviluppa secondo otto fasi(ashtanga): le restrizioni (yama), le osservanze (nyama), le posizioni (asana), gli esercizi respiratori (pranayama), la concentrazione su un punto (pratyahara), la concentrazione su un oggetto specifico (dharana), la meditazione (dhyana), supercoscienza o consapevolezza del principio divino (samadhi).

L’insieme dei tre stati: dharana, dhyana e samadhi viene detto samyama (Swami Vivekananda). Samya significa equilibrio e la realizzazione di samyama la padronanza di tutti i poteri (siddhi).

I testi specifici per approfondire lo studio dello Yoga non mancano certamente. Nel contesto di questo sito ci occupiamo, in modo relativamente diretto, di meditazione. Ma in realtà, senza perseguire preliminarmente alcuni presupposti imprescindibili quali equilibrio e moderazione, s’incontreranno sempre numerose e inutili difficoltà.

Supponiamo che alcuni naviganti abbiano deciso, a questo punto, d’intraprendere lo studio dello Yoga e iniziare la pratica meditativa. Sapete qual’è uno dei primi errori cui in genere s’incorre? Ebbene è quello di confondere gli obiettivi perseguiti con la “tecnica” adottata per raggiungerli. Ma spieghiamoci meglio con un esempio: sovente si tenta di ottenere la tranquillizzazione dei processi mentale e respiratorio in modo diretto. Come nel caso in cui ci si impone, quasi sempre inutilmente, di non pensare. Niente di più errato. La calma, il silenzio interiore, la pace, il senso di beatitudine, sentimenti che poi si riflettono positivamente nei rapporti con gli altri sono, per quanto riguarda il nostro orientamento, la conseguenza dell’applicazione costante e perseverante di alcuni metodi.

Il coronamento della meditazione viene definito dallo Yoga come Samadhi. L’ottavo grado di conseguimento. Samadhi, uno stato che una volta conquistato, ben difficilmente può essere perso.